Dal dopoguerra, ed anche prima, i centri abitati che potevano vantare il servizio trasporti assicurato dalle Ferrovie erano i paesi destinati al maggior sviluppo su cui si riversavano gli abitanti dei piccoli borghi montani facendoli crescere e sviluppare a discapito di quest’ultimi, tanto che oggi si discute della necessità di ripopolare i borghi. Il progresso e lo sviluppo delle nuove tecnologie, logicamente, hanno modificato anche i luoghi ed i lavori ed i trasporti hanno dato, nel tempo, la spinta maggiore a questa trasformazione.
Chi ha vissuto gli anni del boom economico italiano ricorda senz’altro il repentino cambio della nostra società abituata al trasporto con gli animali (asini, cavalli, mucche e qualche carretto da questi trainato) che improvvisamente si è trovata di fronte al fenomeno delle stazioni affollatissime, con convogli ferroviari stracolmi e corse di treni che, pur sempre più intensificate, mai sembravano sufficienti. Il progresso era ormai lì e tutti abbiamo tralasciato di pensare che ciò poteva finire, anche perché cresceva il trasporto su gomma, mare ed aria. Non si poteva, allora, ipotizzare ciò che sarebbe successo nel velocissimo volgere di mezzo secolo. Oggi, con i mezzi a disposizione, con gli studi avanzati e le ricerche siamo in grado di capire molto più di allora e, forse, possiamo meglio prevedere e programmare il futuro.
Le stazioni ferroviarie, fonte di lavoro dei nostri nonni nonché anche luogo di aggregazione sociale, in quanto attive 24 ore su 24 con le sale di attesa sempre aperte, sono oggi quasi tutte diventate luoghi abbandonati e degradati perché si sono modificate le modalità di spostamento. Chi ricorda a Bovalino i tempi in cui c’erano almeno quattro Capi Stazione, tre Capi Gestione con tre impiegati, un Sorvegliante con due o tre assistenti nel casello del passaggio a livello , cinque o sei manovali, tre o quattro addetti agli scambi, elettricisti; la Gestione della “Piccola” per ricezione e spedizione pacchi ed i binari morti per la sosta dei vagoni per consentire carico e scarico; ecc. ecc.? Ancora, a quei tempi, esisteva la cosiddetta Carovana formata da una decina di persone che all’epoca, con termini poco gentili, venivano chiamati facchini, derivante dalle prestazioni di lavoro per il carico e scarico merci. Nella modernità quelle strutture esistono ancora, pur se degradate, e si assiste ormai da decenni ad una continua quanto inutile protesta degli amministratori locali per il potenziamento della linea (in questi giorni grande rilievo mediatico per la riattivazione della biglietteria nel comune di Crotone per sole otto ore al giorno, festivi esclusi) che viene ancora tenuta simbolicamente attiva con qualche corsa solo per motivi sociali e con grande dispendio di risorse regionali (anche per i treni nuovi, che vediamo da qualche anno, la regione ha versato un forte contributo) in quanto la linea è priva ormai di utenza.
Perché non utilizzare questi fondi per bonus turistici per l’aereo? Chi di noi utilizza più la linea ferroviaria ionica per gli spostamenti? Pochi o, forse in alcuni giorni, nessuno. Quindi: quale danno potrebbe derivare per la zona dalla sua dismissione? Pensare ad un utilizzo di questo immenso patrimonio immobiliare (stazioni, linea ferrata, ponti, passaggi a livello) per dare alla nostra zona ionica una opportunità di crescita e di sviluppo trasferendo, non abolendo, il collegamento su gomma, ed anche migliorandolo, perché a questo punto si può fare, in quanto i costi forse potrebbero essere coperti dalle entrate ed il servizio non sarebbe più soggetto a tagli del gestore ed al degrado per l’inutilizzo. Perché non fare quantomeno un tentativo di serio dibattito al fine di esplorare una nuova proposta senza a priori essere contrari? Riprendiamo una idea lanciata proprio a Bovalino nella metà degli anni 80: se possibile ed utile convertire in Ciclovia la linea ferrata fino a Reggio Calabria per trasformarla da barriera” che spranga la nostra ricchezza, il mare ed il turismo, ad itinerario senza inquinamento che apra le porte a tutti per godere delle nostre ineguagliabili bellezze e divenire volano di ripresa e rinascita.
Ipotetico risultato, di cui tenerne conto, sarebbe quello di avere trovato una possibilità concreta, ed anche relativamente poca costosa, di sviluppo economico della nostra zona nell’unico settore di sicura e possibile crescita nel quale possiamo essere sicuramente veri protagonisti: il turismo. Sviluppo i cui benefici si potrebbero illustrare in occasioni e luoghi diversi dalla sede di questo contributo proprio per il troppo tempo necessario ad illustrare le innumerevoli possibilità. È un’idea della quale si potrebbe discutere ed affinché ognuno possa farsi una propria valutazione per esprimere, poi, un giudizio si consiglia di visitare il sito La Ciclovia Verde: 50km di pista ciclabile con vista Adriatico tra i celebri Trabocchi abruzzesi. Ecco un’altra ispirazione per ciò che si potrebbe fare sul sito Life in Travel.
Augurando che questo contributo susciti un dibattito che, indipendentemente dagli esiti, possa stabilire un dialogo che contribuisca, al di là della sicura aggregazione sociale, anche ad un coinvolgimento di tutti nell’importante discussione dalla quale dovrebbero scaturire le scelte da fare per programmare il futuro della nostra terra e quindi dei nostri figli, attendiamo i commenti e le proposte di chiunque intenda intervenire.
Mimmo Marzano
Per Circolo Mocta Bubalina
Sezione Ricordi dell’Associazione
Fondazione Ciccio Marzano